lunedì 17 agosto 2020

Blog trasferito!

Annunciazione, annunciazione! (cit.)

Dopo mesi di indecisione ho deciso di lasciare la piattaforma Blogger. Non la lascio per delusione, perché mi sono sempre trovata bene e mi piace la community, infatti la lunga indecisione era dovuta alla paura di lasciare un bel "posto".
Tuttavia sono in un periodo in cui voglio apprendere tanto e per questo cerco di cambiare tanto, uscendo dalla mia comfort zone. Già il 2020 era iniziato col mio proposito di allargare i confini geografici delle mie letture, lasciando le confortevoli letture europee per esplorare il mondo attraverso i libri. 
Sempre quest'anno ho iniziato un corso di laurea magistrale che è una interfacoltà tra Economia, che ho sempre studiato, e Fisica, materia che al liceo odiavo. Eppure quest'anno ero così ispirata e con tanta voglia di conoscere che alla fine ho intrapreso questo percorso.
Credo che sulla medesima scia si possa collocare la mia decisione di lasciare questa piattaforma. In più in qjesto nuovo progetto ho avuto l'opportunità di collaborare con un persona che stimo per la sua personalità e professionalità, ossia Stefania di Elven Library che si è occupata della creazione del sito.

Cosa cambia? Una buona notizia: nulla se non il link del blog libripervivere.altervista.org 
Infatti ho semplicemente importato tutti i post dal 2013 ad oggi (tranne questo post) con tutti i commenti e gli scambi di opinione che abbiamo avuto. Tutto continuerà come prima, solo su un'altra piattaforma.

Ne approfitto per ringraziare tutti coloro che sono stati con me in questi 7 anni, spero vogliate continuare a seguirmi anche sul nuovo blog. Sicuramente io no  smetterò di seguire i miei blog preferiti qua su Blogger, anche perché non mi è mai importato su che piattaforma fosse il blog, ho sempre amato questa forma di espressione.

Peace and love ♡

P.S. Non cancellerò questo blog perché ci sono troppo affezionata, ma non lo aggiornerò più. 

sabato 1 agosto 2020

Recensione: "Cuore di tenebra" di Joseph Conrad

Un'analisi della psicologia dell'uomo europeo che si espone all'Africa


Titolo: Cuore di tenebra
Autore: Joseph Conrad
Anno di pubblicazione: 1899
Pagine: 245 (edizione Einaudi con testo a fronte)
Recensione:

Che libro, ragazzi, l'ho amato!

Il racconto è narrato in prima persona dal marinaio Marlow, che si trova su una nave ancorata nel Tamigi in compagnia di alcune persone. 
Già dai due esempi iniziali si capisce quale sarà il fulcro del racconto: l'esempio della colonizzazione romana e quello della pirateria inglese del '600 ci fanno capire che l'uomo fin dalla notte dei tempi intraprende missioni di conquista della terra altrui. E' una storia che si ripete e leggendo mi è venuto spontaneo pensare alla frase che Tacito mette in bocca a Calgaco a proposito della conquista romana della Britannia: "Là dove fanno un deserto, lo chiamano pace". Conrad infatti sottolinea che ciò che sembra fare la differenza nelle conquiste moderne è la presenza di un'idea che giustifichi l'azione, come quella di portare il progresso e la civiltà dell'Occidente ai selvaggi, giustificazione della politica coloniale usata ai tempi dello scrittore, che realmente ha intrapreso un viaggio in Congo. 

Prima di parlarvi dei personaggi, voglio parlarvi dei luoghi e in particolare del Congo, quello spazio bianco sulla cartina più grande di altri che incuriosiva il protagonista fin da piccolo e che definiva "il cuore della tenebra". Quando Marlow arriva in Congo la prima cosa che nota con un certo fastidio è una serie di buche scavate apparentemente senza criterio dentro le quali vengono lasciati marcire componenti di oggetti vari. Il primo segno di inciviltà non è tanto dei selvaggi, ma dell'uomo bianco
Man mano che si addentra nell'immensità selvaggia lungo il fiume a Marlow sembra di ritornare ai primordi della storia dell'uomo e, quieta e minacciosa, diventa sempre più inquietante e imperscrutabile per Marlow che si sente "tenuto fuori dalla comprensione di tutto ciò che ci circondava".

Venendo ai personaggi, dapprima vorrei menzionare il Direttore della stazione per conto della Società di commercio, da cui Marlow dipende. Uomo ambizioso e senza scrupoli, grazie a questo riesce a vivere  per anni in un luogo in cui molti impazziscono. Il tema della pazzia connessa alla permanenza in Africa è importante ed è presente fin dalle prime pagine, infatti prima di imbarcarsi Marlow deve fare una visita medica e il medico si mostra interessato alla salute mentale di Marlow per poter fare uno studio sulla pazzia che colpisce gli uomini che vivono per troppo tempo in Africa. 
Questa pazzia in qualche modo colpisce Kurtz. Kurtz è l'emblema della retorica colonizzatrice, profondamente convinto che il compito dell'uomo bianco sia quello di portare progresso e cultura. Una missione benefica nei confronti dei "poveri" selvaggi. Tuttavia, l'allontanarsi dalle sponde più "civilizzate" e quindi dai vincoli e dal controllo imposti dalla società fa sentire il tedesco onnipotente. Immerso nell'immensità selvaggia e nella solitudine Kurtz guarda dentro se stesso e scopre la 
sua vera natura. Quel che mi viene da pensare è che noi uomini contemporanei non siamo molto diversi dall'uomo primitivo, sopra il nostro "essere primitivo" si è solo accumulata un po' di cultura, che è quello che ci distingue dall'uomo di millenni fa. Ma quando ci si allontana dalla società e dalla sua cultura, ci si immerge in quella che Marlow definisce un paesaggio dei primordi, l'uomo torna alla sua vera natura.
Marlow intuisce la tenebra in cui è sprofondato Kurtz, ciò su cui però si interroga è come mai un uomo che, partito con l'idea di fare il bene, fa il male. Il problema del male e del suo essere connaturato all'uomo mi ricorda per affinità Il signore delle mosche di Golding e per contrapposizione Dostoevskij, ma non dico di più su questo punto perchè io stessa necessito di approfondire meglio Dostoevskij per fare parallelismi (se avete qualche riflessione in merito, non esitate a condividerla 
con me nei commenti :) ). La risposta al quesito è amara: Kurtz si accorge che quel bene che credeva di portare è vano. La retorica colonizzatrice rivela tutta la sua falsità e a quel punto, disilluso e senza alcun ideale di bene, sceglie il male. 
A differenza di Golding, Conrad sembra ritenere che il male non è insito nella natura dell'uomo, ma è un prodotto della cultura. 

Tuttavia alla fine Marlow "salva" Kurtz e lo fa perchè in punto di morte avrà la capacità di riconoscere la propria miseria: "Orrore! Orrore!" esclamerà esalando l'ultimo respiro. Per questa sua capacità di autocoscienza critica Kurtz agli occhi di Marlow diventa un uomo veramente notevole ed è anche ciò che spinge Marlow a non tradirne l'eredità, bensì a tramandarla al suo pubblico.

Quello di Marlow, novello Dante, è una sorta di viaggio di formazione, lui stesso infatti dirà all'inizio del racconto che, arrivato al culmine della sua esperienza, gli è sembrato di gettare un po' di luce su quello che gli stava intorno; e luce e conoscenza vanno spesso di pari passo.  
E' un viaggio ai confini del male, che Marlow riesce a non sorpassare e per questo può testimoniare. Se l'uomo va oltre i limiti, come gli antichi ce lo raccontano bene, si perde, come Kurtz.  


Ho amato questo romanzo per la forte introspezione, per il discorso sulla vera civiltà, per il fascino che inevitabilmente ha suscitato su di me la wilderness congolese e per l'umana analisi del problema del male fatta dal protagonista. 
Umana perchè Marlow non è uno che predica teorie, lui è stato vicino, molto vicino al male e all'orrore e ne è scampato per un pelo, grazie alla capacità di non zittire la sua coscienza e ad alcuni "idoli" tipicamente vittoriani, quale il lavoro, come spiega bene Giuseppe Sertoli  nell'introduzione dell'edizione pubblicata da Einaudi. 

Mi viene da pensare che alla fine ciò che salva tutti i personaggi (tranne Kurtz) dalla "pazzia" sono degli ideali/idoli: ambizione, lavoro...


Da ultimo non posso non menzionare il gioco di contrapposizione tra bianco e nero, evidente fin dal titolo del romanzo. Gli uomini della Società di commercio insieme a Marlow si addentrano nel cuore di tenebra, ma quando giungono veramente nel cuore dell'immensità selvaggia, sono coperti da una nebbia bianca. Anche di ritorno a Bruxelles si ripete il gioco bianco e nero: quando va dalla sposa di Kurtz inizialmente vengono sottolineati il candore di lei in contrasto con il suo vestito da lutto, ma quando Marlow si accorge che la verità non può essere detta, ecco che le tenebre avanzano. Anche il Tamigi, luogo in cui avviene il racconto, ricorda tanto una tetra tenebra. 

Voto: ☆☆☆☆☆|5

mercoledì 29 luglio 2020

WWW Wednesday #5

Buona sera a tutti!

Un po' tardino posto il mio WWW Wednesday di questa settimana, che è abbastanza ricco di letture :)

Cosa sto leggendo?
Sto finendo Cuore di Tenebra per la tappa africana di #viaggiatoritralerighe e Nel guscio di McEwan con un gruppo di lettura perché ho subito voluto dare una seconda possibilità ad u  autore di cui avevo amato lo stile e non me me sto pentendo. Sto leggendo anche Il discorso delle stelle che l'autore mi ha gentilmente inviato perché la storia mi incuriosiva.

Cosa ho appena finito di leggere?
L'inventore di sogni, di cui ho già postato la recensione. Posso dire che lo stile mi è piaciuto, la storia un po' meno.

Cosa leggerò?
Su Instagram parteciperò al gruppo di lettura Agosto con Dosto e leggerò Umiliati e offesi

Quali sono le letture che vi stanno tenendo compagnia?
Conoscete i libri che ho menzionato? Vi incuriosiscono?


lunedì 27 luglio 2020

Il segreto delle parole - Alba


Buona sera a tutti!

Vorrei cercare di riprendere la consuetudine del passato di pubblicare una nuova etimologia ogni lunedì e non a cadenza casuale come avevo fatto nei mesi scorsi. Purtroppo ho perso il foglio in cui annotavo di volta in volta le parole di cui vi avrei voluto parlare, ma adesso ho iniziato a fare una lista di nuove parole che mi sono venute in mente in questi giorni di relax.

La parola di oggi è una delle cose che amo di più: l'alba.

È il femminile del latino albus, che significa "bianco", ma anche "brillante"(avete presente l'effetto che fa un bianco veramente bianco? Sembra che brilli).
La parola latina infatti viene dalla radice indoeuropea aus, aues che significa "brillare", "fare luce". Da questa radice in greco abbiamo Eos, la dea dell'alba, che ogni mattina lascia la sua dimora nell'oceano e sale sulla biga per andare a diradare le tenebre della notte.
Omero poeticamente la definisce la dea dalle rosee dita e la descrive come una donna dal vestito color zafferano.
Questo rosso-rosa infatti è il tipico colore con cui l'alba si manifesta ai nostri occhi così come a quelli degli antichi Greci e quindi è inevitabile che venisse descritta così.

Io amo questi colori e amo l'alba, infatti ogni volta che la vedo mi sento come una eletta perché di solito una persona non è sveglia all'ora a cui il sole sorge e si perde questo bello spettacolo. Spesso d'estate ho visto l'alba sorgere al mare e vi allego una delle foto di cui sono più soddisfatta per essere riuscita a catturare in maniera più simile i colori.

mercoledì 22 luglio 2020

Recensione: "L'inventore di sogni" di Ian McEwan

I sogni di un bambino che diventa grande

Titolo: L'inventore di sogni 
Autore: Ian McEwan 
Lingua originale: inglese
Anno di pubblicazione: 1994
Pagine: 98
Genere: middle grade

Trama: Peter Fortune ama sognare, non solo di notte: qualunque momento della giornata è buono per fantasticare. Tuttavia questa sua passione gli crea non pochi problemi, ad esempio a scuola gli insegnanti pensano che lui abbia difficoltà di apprendimento. Col tempo Parere capisce che le persone non sanno cosa gli frulla per la testa in quel momento e per questo ha imparato a raccontare i suoi sogni. Il libro è la trascrizione di alcuni di questo sogni.

Recensione: Devo iniziare questa recensione con una confessione: questo libro non mi ha mai ispirato. Forse per colpa della sua continua presenza su ogni libro di antologia delle elementari e medie, forse perché neanche il titolo mi incuriosiva tanto, chissà...
Tuttavia in occasione della tappa di giugno della mia challenge #viaggiatoritralerighe ambientata in uno degli stati in cui regna la regina Elisabetta e visto il periodo di esami, ho deciso di leggere questo libriccino.

La prima cosa che ho apprezzato è stata l'incipit ed ero subito pronta a ricredermi sul libro, tuttavia le prime storie (che tra l'altro già conoscevo) non mi hanno comunicato granché e questo mi ha reso difficile avere voglia di continuare la lettura. Devo dire che col senno di poi anche i primi racconti, come quello delle bambole che si vendicano perchè Peter ha rubato loro la stanza o quella in cui il protagonista entra nel corpo del suo gatto aiutano a comprendere che sta per avvenire un cambiamento: il Peter bambino deve diventare grande e il passaggio è traumatico, per questo ha bisogno di affrontare alcune sfide che gli daranno grandi insegnamenti.
Dico col senno di poi perché man mano che la storia procede la crescita di Peter diventa sempre più evidente e infatti ho iniziato ad apprezzare di più questo libro. I miei racconti preferiti sono quello sul prepotente e quello finale, talmente verosimile che penso che ognuno di noi da bambino abbia fatto un tale sogno.

Cambiamento e crescita sono i temi fondamentali di questo romanzo, al quale non manca un pizzico di magia, perché si sa che nei sogni può accadere qualunque cosa. I temi sono in un certo senso già anticipati nella citazione scelta da McEwan e messa come epigrafe all'inizio del libro: si tratta di una frase dalle Metamorfosi di Ovidio e, leggendo proprio oggi l'inizio di un altro libro di questo scrittore inglese, mi sono resa conto di quanto sia fondamentale: non è solo evocativa, ma dice del cuore del romanzo.

Quello di McEwan è un esperimento interessante: un libro per bambini in cui lo stesso scrittore ritorna bambino, immaginandosi i sogni del suo protagonista, sogni però che sembrano così reali (e questo capita a un sacco di persone che sognano) che a volte perfino io mi dimenticavo che in realtà era, appunto, tutto un sogno.

Lo stile è favoloso, ogni parola è posizionata alla perfezione e risulta coerente con l'età del protagonista. Sicuramente, anche se il libro non è tra i miei preferiti, proprio perché ho amato lo stile mi è venuta voglia di leggere altri suoi libri che mi ispirano di più, come "Nel guscio" che ho iniziato oggi.


Voto: ☆☆☆|5 

CitazioneSiamo noi che lo abbiamo sognato come il prepotente della scuola. Non è più forte di nessuno di noi. Tutta la sua forza e il potere, ce la siamo sognata noi. Noi abbiamo fatto di lui quello che è. Quando va casa e nessuno gli crede se fa il prepotente, allora torna se stesso.

Voi amate McEwan? Avete letto questo libro? Fatemelo sapere nei commenti :)

mercoledì 20 maggio 2020

WWW Wednesday #4

Ciao a tutti!
Era un po' di tempo che non mi facevo viva con questo simpatico appuntamento del mercoledì in cui vi mostro:
- What am I reading?
- What have I read?
- What will I read?

Cosa sto leggendo?

Ho iniziato proprio ieri Il ritorno del re, ultimo libro della trilogia di Tolkien. Non posso dirvi molto perché sono solo al primo capitolo.

Cosa ho appena finito di leggere?


In questa settimana ho finito di leggere sia Le due torri di Tolkien sia Stupore e tremori di Amelie Nothomb.
Le due Torri me lo aspettavo diverso, forse per via del primo libro, anche se comunque mi è piaciuto, mentre il libro della Nothomb, una delle mie scrittrici preferite, l'ho adorato e, siccome ormai ero abituata ai suoi libri più recenti, ho apprezzato molto ritrovare il suo vecchio stile graffiante e ironico.

Cosa leggerò?

Esami in arrivo, anche troppi perché mi hanno annullato interamente la sessione invernale perché volevano farci fare gli esami non online, salvo poi farceli fare comunque online a giugno (capacità predittiva di un pesce rosso -_-). Questo vorrà dire 0 tempo per le letture, per questo voglio provare a buttarmi su qualcosa di leggero e penso quindi che recupererò un classico della letteratura per ragazzi: Anna dai capelli rossi di Lucy Montgomery.


E voi? Quali letture avete in programma questo mese?



martedì 12 maggio 2020

Recensione: "Il castello bianco" di Orhan Pamuk

Una metafora sul rapporto tra Oriente e Occidente


Titolo: Il castello bianco
Autore: Orhan Pamuk
Anno di pubblicazione: 1985
Lingua originale: turco
Numero di pagine: 172
Voto: ☆☆☆☆





TramaNel Seicento un italiano viene catturato dai Turchi e venduto come schiavo ad un astronomo musulmano, sorprendentemente identico a lui. I due lavorano insieme a diversi progetti tecnico-scientifici per il Padiscià, guadagnandone entrambi la stima. Progettano anche un macchinario bellico per la guerra in Polonia, che però non funziona. A seguito di questo evento solo uno dei due uomini tornerà in Turchia.


Recensione: Ho letto "Il castello bianco" perché quest'anno, frequentando un corso di laurea magistrale in inglese, ho conosciuto una ragazza turca, di cui sono diventata amica. Mi ha molto incuriosito il suo paese e la sua cultura perché per certi versi assimilo molto i turchi ai greci (ma loro odiano questa cosa) e quindi agli europei, per altri versi, in primis per la religione musulmana e l'influenza culturale che ne consegue.
Per questa mia curiosità ho deciso di cercare un libro turco da leggere e ho scoperto Orhan Pamuk, lo scrittore turco più conosciuto al mondo, vincitore anche del Nobel per la Letteratura nel 2006.

Parlando adesso del libro, il romanzo inizia in medias res con la voce narrante, un italiano, che viene catturato dai Turchi mentre si trova su una nave a causa della vigliaccheria del proprio comandante. Viene quindi portato a Istanbul e imprigionato come schiavo ma, spacciandosi per medico, riesce a evitare i compiti peggiori. Un giorno viene invitato alla Corte del Padiscià, che è malato. Qui il protagonista si accorge della straordinaria somiglianza che lui, uomo italiano, ha con un astronomo turco che si fa chiamare Maestro.

Attorno questa somiglianza ruota tutto il libro, infatti l'italiano viene poi venduto all'astronomo e iniziano a lavorare a progetti scientifici insieme, di cui poi si prendeva il merito il turco. Ma al di là di questo, ciò che è estremamente interessante in questo romanzo è il rapporto tra i due uomini, metafora del rapporto tra Oriente e Occidente: il turco è attratto dalle conoscenze dell'italiano e cerca di farsi insegnare da lui tutto lo scibile, tuttavia è anche molto orgoglioso del suo sapere e della sua cultura.

L'elemento curioso è che, pur vivendo insieme, inizialmente il turco non si rende conto della somiglianza con il suo schiavo. Tuttavia quando se ne accorgerà, inizierà ad essere ossessionato da alcune domande esistenziali "cosa rende l'essere umano unico?", "Qual è l'elemento di superiorità degli italiani rispetto ai turchi?".
Su quest'ultima domanda il Maestro si accanisce, prima contro l'italiano e poi con un assurda e ossessa ricerca condotta tra gli uomini più miserabili di fede musulmana e cristiana, che alla fine è volta solo a confermare la sua teoria: i musulmani sono superiori ai cristiani. Sarà così?

Il tema del doppio e dell'identità così come il rapporto tra Oriente e Occidente sono i due perni attorno a cui ruota tutto il romanzo, ambientato in una Turchia descritta con sfumature che mi ricordano quelle di un quadro impressionista.

Per quanto riguarda le descrizioni, una in particolare mi ha colpito per la straordinaria affinità col nostro periodo. Anche a Istanbul nel Seicento scoppia un'epidemia di peste e il Maestro e il protagonista sono chiamati a fermarla. Tra le misure che suggeriscono al Sultano ci sono quelle di evitare gli assembramenti, motivo per cui vengono chiusi i mercati e evitare gli spostamenti. Infatti vengono posti i Giannizzeri a presidio degli ingressi delle città. Vi ricorda qualcosa?

In conclusione posso dire che è stata sicuramente una piacevole lettura, anche se la scrittura di Pamuk è elaborata e non rinuncia a metafore. Alla fine, quello che mi porto con me da questa lettura è la famosa frase del film Mediterraneo di Salvatores: "Italiani, Turchi: una faccia, una razza".

p.s. i dolcetti che vedete in foto vengono proprio dalla Turchia, sono un regalo della mia amica :)